La fisarmonica nasce come strumento colto, adatto ad eseguire trascrizioni e pagine di musica colta. A tal proposito così scrive Pierre Monichon, uno dei più autorevoli studiosi sulla storia della fisarmonica che Marco Lo Russo ha avuto l’onore di intervistare e conoscere durante gli studi universitari, nel suo studio L’accordeon del 1985: “La fisarmonica è nata a Vienna nel 1829. È figlia del Romanticismo. Era il giocattolo delle signore nei salotti borghesi […] Successivamente, dotata di una seconda tastiera per la mano sinistra, non tardò a scendere nelle strade e a penetrare poi fin nelle più remote campagne. […] lo stesso dispositivo che ha decretato il suo successo – gli accordi di accompagnamento fissi […] impedisce alla fisarmonica per lungo tempo di accedere alla “grande” musica, fino al giorno, relativamente recente, quando la possibilità di rinunciare agli accordi preparati, […] permette di abbordare tutti i generi di scrittura musicale. Il destino della fisarmonica non è un caso unico nella storia degli strumenti musicali, è anche un fenomeno di grande interesse etnomusicologico e sociologico. Il “Nomadismo culturale” del nostro strumento e la sua disinvoltura davanti alle barriere sociali, che, notoriamente, l’ha fatto passare dai salotti alla strada, poi riandare dai motivi di danza alle sale da concerto, ha il dono di tormentare alcuni” […] ma per altri è una grande ricchezza che la rende uno strumento musicale unico e molto versatile.